fidenza
Nella primavera del 2019 abbiamo scoperto in una conferenza che uno dei siti più inquinati d’Italia, il SIN (Sito Interesse Nazionale) di Fidenza (Parma), veniva bonificato tramite l’uso di funghi, selezionati dal Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino.
La professoressa Giovanna Cristina Varese, relatore dell’incontro, ci ha introdotto al mondo delle colture fungine e ci ha spiegato che un consorzio di batteri e funghi con elevata capacità di degradazione può consumare differenti tipi di inquinanti in terreni contaminati.
Ilaria Re, coordinatrice del progetto europeo LIFE Biorest, per seconda, ci ha parlato di Fidenza dove è in corso l’utilizzo di un metodo biologico per bonificare terreni inquinati da oli e idrocarburi tramite un approccio biologico basato sull’utilizzo di funghi e batteri utili a ripristinare le funzioni ecosistemiche del suolo.
La curiosità di capire come e dove si stava costruendo questa storia di sostenibilità ambientale ci ha portato, inevitabilmente, a Fidenza.
Il sindaco, il dirigente dei Servizi Tecnici e il responsabile dell’Ufficio Ambiente, ci hanno intrdotto a una comunità che è riuscita a far virare una bonifica tradizionale in una sperimentazione innovativa e sostenibile in situ.
Tutto ha avuto inizio nel 2001 con l’acquisizione da parte del Comune dell’area ex CIP (Compagnia Italiana Petroli), in cui si produceva piombo tetraetile, ed ex Carbochimica, famosa per la naftalina di grande qualità, collocate immediatamente a nord del centro storico, oltre la ferrovia, a non più di trecento metri dal duomo dell’Antelami, simbolo della città.
Da lì ad oggi molti Enti (Comune in primis) e Società, tra cui Arpae – Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia e Sigmaprogetti, direzione lavori attenta e laboriosa, hanno iniziato a mettere in sicurezza l’area perimetrandone i confini e occupandosi dello smantellamento e dello smaltimento delle strutture esistenti che componevano un articolato groviglio di cisterne, tubazioni e pozzi, e a far partire la bonifica.
Dopo circa tre lustri, molto è stato fatto e si inizia a toccare con mano la conclusione del lavoro. Abbiamo voluto fotografare le persone che su quel pezzo di città bombardato durante la II Guerra Mondiale, dove stavano le vecchie ‘fabbriche della morte’, hanno lavorato per anni, consapevoli di contribuire a una produzione italiana di eccellenza a un costo ambientale elevatissimo.
Attraverso il ritrovamento delle loro attrezzature, abbiamo potuto capire non solo come queste persone lavoravano, ma quale aria respiravano, su che terreno camminavano, in quel piccolo, ma esemplare, pezzo d’Italia.
Le immagini vogliono essere uno strumento di supporto alla memoria dell’esperienza di bonifica portata avanti dalla comunità allargata dei fidentini; vogliono inoltre dimostrare come ‘sostenibilità ambientale’ sia la parola chiave che ha guidato ogni decisione in questo processo lungo e complesso.
Lo sguardo è puntato sui gangli che lo hanno reso possibile: i cittadini/ex operai delle fabbriche nel duplice ruolo di forza lavoro qualificata e di primi denunciatari di un impatto ambientale negativo; i politici e i funzionari che, per primi in Italia, interpretando decreti e cercando fondi instancabilmente, hanno trasformato una visione in realtà; gli scienziati e i ricercatori che, con metodo e pazienza, hanno selezionato gli organismi capaci di assimilare e distruggere ciò che per noi è veleno; tutte le persone che, quotidianamente, dirigono e coordinano i lavori e conoscono ogni più piccola zolla del terreno su cui si muovono.
Un lavoro sul percorso che una comunità ha voluto compiere investendo sul futuro, che è di tutti, e sostenendo una via innovativa per ridare equilibrio a ciò che era pesantemente compromesso, lavorando con i mezzi messi a disposizione dalla natura per riportare la natura alle persone.
Silvia Pastore
Andrea Lorenzon
During a conference in spring 2019, we found out that one of the most polluted sites in Italy, the SIN (Sito Interesse Nazionale/Site of National Interest) in Fidenza (Parma), was being reclaimed through the use of mushrooms, selected by the Department of Life Sciences and Systems Biology of Università degli Studi di Torino. On that occasion, professor Giovanna Cristina Varese, speaker at the talk, introduced us to the world of fungal cultures and explained that a consortium of bacteria and fungi with high degradation capacity can consume different types of pollutants in contaminated soils. Then Ilaria Re, coordinator of the European project LIFE Biorest, talked to us about Fidenza, where a biological method is currently being used to reclaim soil polluted by oils and hydrocarbons, through a biological approach based on the use of fungi and bacteria useful to restore the ecosystemic functions of the soil.
Led by the curiosity to understand how and where this story of environmental sustainability was being built we went to Fidenza. There, the Mayor, the manager of Technical Services and the Head of the Environment Office introduced us to a community that has managed to turn a traditional remediation into an innovative and sustainable experimentation in situ.
It all began in 2001, when the Municipality acquired the area where once stood two plants: former Italian oil company, CIP (Compagnia Italiana Petroli), producer of tetraethyl lead, and former Carbochimica, renowned for its high quality mothballs, both located just North of the historical centre, beyond the railway, no more than three hundred metres from the Antelami Cathedral, symbol of the city.
Hitherto, many authorities, first and foremost the Municipality, and other companies, including Arpae – Regional Agency for Prevention, Environment and Energy and Sigmaprogetti, which carried out a careful and hard-working construction supervision, have begun to secure the area by demolishing and disposing of the existing structures that made up an articulated tangle of tanks, pipes and wells, and to start the reclamation. After a fifteen-year period, much has been done and the works are starting to come to a close.
Our aim was to photograph the people who had worked in that very part of the city, bombed during World War II, where the old, so called, ‘factories of death’ stood, the same people who knew that they were contributing to excellent Italian production, albeit at a very high environmental cost.
Through the discovery of their working equipment, not only were we able to understand how these people worked, but also which air they breathed, the soil they walked on, in that small, yet exemplary piece of Italy.
The images are intended as a tool to support the memory of the reclamation experience carried out by the extended community of Fidentini and also to show how ‘environmental sustainability’ is the key word that has guided every decision taken throughout this long and complex process.
The attention is turned to the ganglia that made it possible and for this reason it is composed of nine diptychs of images: the citizens/ex-factory workers in the dual role of qualified workforce and first denouncers of the negative environmental impact; the politicians and officials who, the first in Italy, by interpreting decrees and tirelessly seeking funds, have succeeded in turning a vision into reality; the scientists and researchers who, with method and patience, have selected the organisms capable of assimilating and destroying what to us is poison; all the people who, daily, direct and coordinate the work and know every clod of the ground on which they walk.
This work focuses on the journey undertaken by a community, which has invested in the future, that belongs to everyone, while supporting an innovative method to restore balance to what was heavily compromised, by using the means made available by nature to bring nature back to people.
Silvia Pastore
Andrea Lorenzon